Enzo è intervenuto ieri al vernissage della mostra CITTA' LIQUIDA di VIRGINIA MONTEVERDE proponendo queste sue riflessioni:
"Chissà se in qualche capitolo negletto dell’opera omnia di Bauman si affronta anche il fenomeno della recensione liquida. Recensione, forse, è parola eccessiva (per non dire solida): meglio opinione, impressione, sensazione, vibrazione. All’interrogativo non so rispondere (come è ovvio, altrimenti non me lo sarei posto), giacché non conosco l’opera omnia di Bauman. E neppure una parte rilevante, dell’opera. Ne conosco la vulgata (googlata) mediatica, che – in quanto tale – è ontologicamente approssimativa, a-sistematica, indefinita: liquida? Magari davvero fra i sostanziosi concetti dell’illustre sociologo, resi fluidi e leggeri dal loro essere portati al popolo dalla massa dei mass-media, figura quello (debitamente liquefatto in questa mia ipotesi) di un’osservazione emotiva e soggettivamente destrutturata dell’opera d’arte. Vibrazione liquida, dicevo. Come spiegare, quindi, ciò che scaturisce in me, semplice passante, osservante la Città Liquida di Virginia Monteverde? Staziono con gli occhi kubrickianamente aperti-chiusi davanti a quelle colate di luoghi, a quel disfarsi di monumenti, a quell’acquoso precipitare di palazzi e, inesorabilmente, mi sciolgo: non solo nel senso di una commozione intensa e profonda. Ma anche e soprattutto nel senso di un’inaspettata identificazione: in quegli smarrimenti di forme, (s)travolgenti e però avvolgenti, io mi vedo. Sento il perdere solidità delle mie certezze, ed il precario galleggiare dei punti fermi. Lo sfaldarsi a cascata delle cose mi dice del frantumarsi scivoloso del mio essere. Una liquefazione che – non solo per coerenza semantica – non può unicamente atterrirmi: in fondo (all’abisso) avverto che oramai la mia identità è proprio quello sciogliersi dell’identità, che la diluizione del mio io non è esattamente alienazione. E il naufragar mi è dolce in questo liquido.
ENZO COSTA
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