SUQ, GENOVA, ITALIA
Ma lo vogliamo dire che Genova è anche quella del Suq? Venerdì scorso, all’inaugurazione dell’incontro con le culture del mondo orchestrato da Carla Peirolero, lo si capiva benissimo, forse ancora più del solito: era come se, per una volta, il quotidiano addensarsi nel paesaggio italico delle nuvole plumbee dell’intolleranza, della xenofobia, del razzismo di Lega e di sgoverno, non avesse prodotto – tra chi è costituzionalmente meteoropatico nei confronti di simili perturbazioni sociali e politiche – il consueto, rassegnato asserragliarsi in casa o in se stessi nell’attesa che passi la nottata tempestosa. No, venerdì sera, la gente c’era, al Suq: e non solo nel senso di un afflusso di massa davvero impressionante e quindi, visti i (mal)tempi, significante. Ma anche e soprattutto nel senso di una partecipazione forte, attiva, vibrante: intensa come e più delle spezie mediorientali, si avvertiva un’energia positiva rara e preziosa. Le persone erano lì, in tante, in tantissime, ognuna con la propria storia, le proprie idee, le proprie origini, i propri jeans o la propria tunica, ma tutte catturate e coinvolte allo stesso modo dalle parole di Gad Lerner, che raccontavano con lucido trasporto la bellezza e l’inevitabilità del meticciato, gli orizzonti spalancati dalla presidenza Obama e l’aria viziata e viziosa dell’Italietta berlusconiana, la fatica e la possibilità della convivenza. Nessun “buonismo” (parola ottusa quanto i “cattivisti” padani e non che la adoperano a vanvera): un ragionamento con libertà di emozionare sull’integrazione e le differenze, senza reticenze di comodo sui guasti di ogni integralismo, fra squarci di ottimismo (l’uscita di scena mediatica dei vari Marcello Pera e atei devoti più o meno extralarge sconfitti dalla storia) e amare consapevolezze (l’odiosa brutalità del linguaggio della tolleranza sottozero che produce mostri infettando le menti più deboli).
Applausi, silenzi, reazioni e condivisioni sonore di una platea sempre più numerosa, dicevano che quelli esposti e toccati erano pensieri e sentimenti presenti in tutti i presenti, ma in questa dolorosa stagione spesso soffocati o rimossi, e venerdì sera finalmente liberati. Genova, dicevo (e non solo), è anche quella del Suq, coralmente civile se solo incoraggiata a non nasconderlo. E nell’intervento di Marta Vincenzi (dopo quello provvidenzialmente visionario di don Gallo e quello sanamente essenziale di Alessandro Repetto) un’idea per rimarcarlo: possibile, ha detto la sindaco, che in città e fuori risuonino solo le voci di quanti terrorizzano strumentalmente con la (o sono impauriti dalla) Moschea e annessi fantasmi? Perché i molti che - per civiltà, consapevolezza ed intelligenza - sono favorevoli, non si decidono a farsi sentire? Un’ottima idea. E metterla in pratica sarebbe il modo migliore per dire che Genova (e non solo) è anche quella del Suq.
Enzo Costa
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