Forse pensava di guadagnarci di più, il buon Alfano, con la rimessa in commercio politico-mediatico di vu’ cumprà: ci ha provato con indubbia intraprendenza, a smerciare quest’etichetta vintage misto paternalistico-razzista in voga circa trent’anni fa e poi, via via, sfoderata meno, molto meno. Per ritrovare la visibilità perduta, si è ricaricato sulle spalle il bagaglio oratorio dell’italiano medio (mediamente di destra) di cinque-sei lustri orsono proponendolo in offerta speciale ad un assembramento di microfoni e telecamere, insieme al tipico gadget dell’ergersi a paladino della minacciata sicurezza dei propri connazionali (stavolta in costume da bagno). Ed eccolo, l’insistente titolare del Viminale, spacciare molesto quell’espressione taroccata, “vu’ cumprà”, col proposito di lucrarci politicamente sopra. Non che non avesse messo nel conto le sacrosante critiche progressiste, o semplicemente civili, che sono arrivate. Ma quelle le si liquida smerciando un’altra etichetta d’epoca: “buonista”. E però il venditore ministeriale del marchio lessicale contraffatto puntava, credo, su più cospicue entrate di consenso dal suo vecchio elettorato di riferimento, che non sono giunte: oggi la xenofobia verbale che tira è quella sguaiata e feroce esercitatasi sull’ex ministra Kyenge, e non il pregiudizio “moderato” da spiaggia. Si sa: dare odiosamente del “mangiatore di banane” fa curriculum, anche per scalare la Federcalcio. Enzo Costa
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