Eccomi qua, sono lo scapigliato del Capo. Lo difendo con oltraggiosa benevolenza. Lo scuoto riscuotendo applausi stupiti per la mia deferente irriverenza. Vedete? Sfoggio contraddizioni, come già le mutande libertine dopo gli anatemi contro i gaudenti della procreazione assistita; maneggio ossimori: dopo “atei devoti”, “liberi servi”; presto “agnostici mistici”, “schiavi anarchici”. Tutto (niente) per (contro) Lui: ma non con la piatta fedeltà di un Fede. Con l’estro esibito del dadaista postsocialista, l’invettiva nostalgico-futurista da assemblea autoconvocata: “Il Cav. si rimetta in gioco! Si dia in pasto alle primarie! Torni quello del ’94!”. Come se Lui nel ’94 fosse diverso da oggi, come se allora non sparasse bufale, non sfuggisse ai confronti, non volesse una tv di affini a minzonlini. Però io non lo mollo, sogno la bella morte. Meglio, una (in)discreta sopravvivenza. Eia-eia-arcoré! Enzo Costa
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