Accadde all’improvviso, in quel miracoloso Natale: fuori, il non-Babbo dalla barba bianca digitale continuava a fare il Necrologo
a capocchia. Diceva che tutti gli altri erano morti, zombi, cadaveri
putrefatti. Fossero giovani o vecchi, assopiti o vispi, meritevoli,
biasimevoli o non classificabili: bastava che non la pensassero
come lui che lui li schiaffava nel girone dei trapassati
decomposti. Praticava la raccolta indifferenziata di pretesi
defunti, in realtà (chi più chi meno) palesi viventi. “Necrologo a
capocchia” perché – oltre a sfigurare come deceduti i vivi (e
talvolta vegeti) – prese un Presidente Partigiano che non c’era
più e lo iscrisse al suo non-partito: tanto lui, non essendoci più,
non poteva rifiutare l’iscrizione. Ecco, in quel miracoloso Natale,
mentre fuori il non-Babbo seguitava nei dileggi obitoriali tipici di
chi è poco vitale, dentro, nel Parlamento, i suoi seguaci non lo
seguirono più. Non che si allearono con gli avversari. Furono
illuminati da un pensiero: prima ancora che educato, non è
sensato dipingere gli altri, tutti gli altri, come cadaveri. Perché,
semplicemente, non è così. Perché la libertà, oltre che
partecipazione, è argomentazione, e non lapidazione, e la
democrazia è confronto, discernimento, riconoscimento delle
differenze, e non annientamento del nemico: non urlarono più
istericamente “Voi siete niente!”, ma affermarono civilmente
“Avete idee che non condividiamo e combattiamo”. Non
berciarono più da invasati “Vi spazzeremo via!”, ma dissero da
ottimisti moderati “Vi manderemo all’opposizione”. E così
divennero più autorevoli e credibili, e i loro seguaci li seguirono, e
smisero di scagliare insulti digitali su chi scriveva cose non
gradite, compresa questa favoletta (dall’improbabile lieto fine,
come ogni favoletta). Enzo Costa
l'Unità 30/12/13
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