C’è modo e modo per elaborare la decadenza del fu premier
Papi. C’è il modo di Bondi, che definirei colico-elegiaco: il fu
ministro alla Cultura è, innanzitutto, sofferente. Nell’anima, e
forse nel corpo: un dolore spirituale somatizzato, inarrestabile ed
inestinguibile, bene che (gli) vada condivisibile (nell’occasione
speciale della sua ospitata di coppia con la compagna Manuela
Repetti presso la compassionevole Lucia Annunziata). Una
sofferenza capace certo, nei momenti più acuti, di tradursi in
insofferenza (“Vergognatevi!”, dolentemente strillato, con l’ugola
vibrante di sdegno lacrimoso, a quegli indegni, blasfemi peccatori
dei senatori a vita), ma - in genere - stabilizzata in una tonalità
rassegnata, intrisa, gonfia, zuppa di malinconico disincanto.
È come lo abbiamo visto, due settimane fa, a Che tempo che
fa, quando si struggeva in un amaro e sincero rincrescimento
totale per il ferale finale di partita riservato all’amato Silvio, non
più solo perseguitato dai soliti, irriducibili nemici di sinistra, ma
anche tradito da molti, inqualificabili amici di centrodestra. Strano
che, con la creatività poetica di cui dispone, non abbia tradotto
puntata stante quella sua lancinante mestizia in versi accorati
da Vanity Fair crepuscolare (“Silvio vessato / Silvio umiliato /
Silvio ferito / Silvio infinito / Silvio nel vuoto / Dudù devoto”). E
c’è invece il modo di elaborare la decadenza incarnato da Anna
Maria Bernini: da quando Lui non c’è più (al Senato), lei è in
ogni tg, caricata e puntata dritta su una telecamera innocente
che trafigge con sentenze inappellabili: “Letta salga al Colle
dimissionario!” “Il governo è ostaggio di un Pd inaffidabile!”, e via
sparando a raffica con vocina stridula. La stizza indomita la agita
tutta, eccetto la frangetta. Enzo Costa
l'Unità 09/12/13
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