Prima di “boia” ha detto “stanno paventando”. Lo ha detto due
volte, con ferma indignazione e composto allarme: toni propri di
chi, accingendosi a formulare l’accusa più drammatica, “boia”,
informa l’uditorio dell’orrore che si profila. Dunque, il cittadino
pentastellato Giorgio Sorial ha detto così: “Questi grandi partiti
della maggioranza stanno paventando la tagliola, stanno
paventando il fatto di cucire le bocche, praticamente, ai deputati
dell’opposizione”. Il suo sguardo tradiva la consapevolezza della
drammaticità di quella denuncia. Un po’ meno la consapevolezza
del significato del verbo paventare, che non indica, come
pareva credere il cittadino Sorial, un’intenzione compiaciuta del
soggetto, in questo caso i grandi partiti della maggioranza, bensì,
al contrario, una prefigurazione preoccupata di un fatto non
gradito dal soggetto medesimo. Insomma, l’allarmato e indignato
cittadino Sorial, poco prima di dire “boia” a Napolitano, affermava
a sua insaputa che i partiti della maggioranza temevano che, a
breve, l’opposizione sarebbe stata zittita. Esempio illuminante,
quanto l’eclatante “boia”, del grado di confidenza con le parole,
col loro peso, col loro senso, di quel cittadino. E, a prescindere
dal “Boia chi molla!” di missina memoria scandito alla Camera dal
cittadino Angelo Tofalo, che però, previa ricerca su Wikipedia,
si affrettava a chiarire le più antiche origini dell’espressione,
risalente alla Repubblica Partenopea del 1799, viene in mente
che, giorni fa, Grillo aveva detto per errore, con aria schifata,
“extracomunitari” invece di “extraparlamentari”: lapsus freudiano?
Ma, si sa, attaccarsi alle parole è un mezzuccio con cui la
sterminata Casta criminalizza il MoVimento. Che potrà sempre
replicare “Molti nemici, molto onore”.
Enzo Costa
l'Unità 03/02/14
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