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mercoledì 9 aprile 2014

I SEMIFRESCHI - I sospetti di Grillo: ecco a voi la dietrologia da ambasciata - da l'Unità 09/04/14

«Mi chiedo chi o che cosa c’è dietro a tutta questa dietrologia»: è un aforisma che scrissi parecchi anni fa, quando collaboravo con Cuore (secondo qualche dietrologo, per via di un complotto demo-pluto-giornalistico ai danni della satira). Erano tempi ingenui, in cui la naturale tendenza italica all’individuazione creativa di trame occulte e piani nascosti persino per la compilazione del calendario del campionato di calcio, conosceva, ancora, un qualche senso del limite. Anche perché, a quell’epoca, l’alacre attività telefonica di Luciano Moggi era inconcepibile pure per la più fantasiosa mente dietrologica. Un’epoca naif, insomma, di dilettanti della congiura fantascientifica, di dietrologi analogici. Bei tempi: oggi siamo in balia di dietrologi digitali che, nel loro delirio da bar-web, ignorano freni e inibizioni. Penserete che io mi stia riferendo a certe terrificanti dietrologie 2.0, spesso e volentieri a 5 stelle, tipo quelle sui microchip inseriti sottopelle o sulle scie chimiche serpeggianti sotto le nuvole. Pensate bene, ma solo parzialmente: sì, perché il vostro ragionare si ferma al penultimo stadio della materia.
L’ultimo si è appalesato pochi giorni fa, e può essere sintetizzato nella formula «Dietrologia da ambasciata». Esercizio filosofico praticato da Beppe Grillo poco dopo l’ennesima sua fatwa agli adepti infedeli e poco prima della sua adesione all’appello dei costituzionalisti contro la deriva autoritaria. Più precisamente, in occasione di un suo dialogo monologante con Enrico Mentana, durante il quale il non-Leader del MoVimento ha rivelato a intervistatore e teleutenti uno scenario, a suo concionare, oltremodo inquietante: qualche mese prima, mentre l’allora segretario del Pd Bersani era alle prese con il tentativo di trovare una maggioranza per un governo, lui, il non-Leader, ospite dell’ambasciatore inglese, scoprì che al piano di sopra c’era niente di meno che Enrico Letta. Scoperta dalla quale, lo avrete letto, il non-Leader ha ricavato una mirabile sceneggiatura dietrologica: Bersani era stato mandato allo sbaraglio col subdolo proposito di preparare ben altra soluzione: un governo dei poteri forti guidato da Letta che, proprio a tale scopo complottistico, era lì, al piano di sopra, a tramare con l’ambasciatore inglese, segretamente riuniti nel palazzo dell’ambasciata, location perfetta per una congiura di Palazzo.
Ora, vi aspetterete che io rimarchi come quest’avvincente sceneggiatura grillesca sia stata immediatamente smentita dalle parole dei diretti interessati e dall’oggettività dei fatti poi acclarati: ossia che si è appurato come, in realtà, Letta fosse presente in ambasciata per preparare un tradizionale, annuale convegno di studi italo-inglese. Ebbene, la vostra aspettativa andrà parzialmente delusa: considero secondaria la sottolineatura della realtà degli eventi, al cospetto di un elemento dai più non considerato. Questo: l’allarme democratico lanciato dall’indignato dietrologo Grillo era basato, oltre che su una dietrologia spinta, su un ardito assunto concettuale: se Enrico Letta è nell’ambasciata inglese, sta facendo una cosa losca e ignobile; se Beppe Grillo è, nello stesso momento, al piano di sotto della medesima ambasciata, sta facendo una cosa buona e giusta, per di più vigilando sulle cose losche e ignobili che si compiono al piano di sopra. Signori, la «Dietrologia da ambasciata» disegna la nuova frontiera della dietrologia nazionale (con annesse delocalizzazioni d’Oltremanica): quella in cui il dietrologo partecipa attivamente alle situazioni che determinano le indicibili, torbide oscure manovre, ma lo fa senza macchia e senza colpe, anzi già che c’è lo fa a fini virtuosi. Per smascherare tali manovre. Per denunciarle. Lo ripeto: egli, il dietrologo partecipante, ci dice cosa è Bene e cosa è Male, dell’inquietante scenario da lui medesimo frequentato, sulla base di una rigorosa visione valoriale, così ben evidenziata da questo specifico episodio: se Beppe Grillo incontra l’ambasciatore inglese, lui, Beppe, fa il Bene; se nello stesso luogo e nello stesso giorno lo incontra Enrico Letta, lui, Enrico, fa il Male. Così parlò l’indignato dietrologo patentato Grillo. Prendiamo nota, noi che, di solito, non frequentiamo le ambasciate. Enzo Costa


l'Unità 09/04/14

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