«Mi chiedo chi o che cosa c’è dietro a tutta questa dietrologia»: è
un aforisma che scrissi parecchi anni fa, quando collaboravo con Cuore
(secondo qualche dietrologo, per via di un complotto
demo-pluto-giornalistico ai danni della satira). Erano tempi ingenui, in
cui la naturale tendenza italica all’individuazione creativa di trame
occulte e piani nascosti persino per la compilazione del calendario del
campionato di calcio, conosceva, ancora, un qualche senso del limite.
Anche perché, a quell’epoca, l’alacre attività telefonica di Luciano
Moggi era inconcepibile pure per la più fantasiosa mente dietrologica.
Un’epoca naif, insomma, di dilettanti della congiura fantascientifica,
di dietrologi analogici. Bei tempi: oggi siamo in balia di dietrologi
digitali che, nel loro delirio da bar-web, ignorano freni e inibizioni.
Penserete che io mi stia riferendo a certe terrificanti dietrologie 2.0,
spesso e volentieri a 5 stelle, tipo quelle sui microchip inseriti
sottopelle o sulle scie chimiche serpeggianti sotto le nuvole. Pensate
bene, ma solo parzialmente: sì, perché il vostro ragionare si ferma al
penultimo stadio della materia.
L’ultimo si è appalesato pochi
giorni fa, e può essere sintetizzato nella formula «Dietrologia da
ambasciata». Esercizio filosofico praticato da Beppe Grillo poco dopo
l’ennesima sua fatwa agli adepti infedeli e poco prima della sua
adesione all’appello dei costituzionalisti contro la deriva autoritaria.
Più precisamente, in occasione di un suo dialogo monologante con Enrico
Mentana, durante il quale il non-Leader del MoVimento ha rivelato a
intervistatore e teleutenti uno scenario, a suo concionare, oltremodo
inquietante: qualche mese prima, mentre l’allora segretario del Pd
Bersani era alle prese con il tentativo di trovare una maggioranza per
un governo, lui, il non-Leader, ospite dell’ambasciatore inglese, scoprì
che al piano di sopra c’era niente di meno che Enrico Letta. Scoperta
dalla quale, lo avrete letto, il non-Leader ha ricavato una mirabile
sceneggiatura dietrologica: Bersani era stato mandato allo sbaraglio col
subdolo proposito di preparare ben altra soluzione: un governo dei
poteri forti guidato da Letta che, proprio a tale scopo complottistico,
era lì, al piano di sopra, a tramare con l’ambasciatore inglese,
segretamente riuniti nel palazzo dell’ambasciata, location perfetta per
una congiura di Palazzo.
Ora, vi aspetterete che io rimarchi come
quest’avvincente sceneggiatura grillesca sia stata immediatamente
smentita dalle parole dei diretti interessati e dall’oggettività dei
fatti poi acclarati: ossia che si è appurato come, in realtà, Letta
fosse presente in ambasciata per preparare un tradizionale, annuale
convegno di studi italo-inglese. Ebbene, la vostra aspettativa andrà
parzialmente delusa: considero secondaria la sottolineatura della realtà
degli eventi, al cospetto di un elemento dai più non considerato.
Questo: l’allarme democratico lanciato dall’indignato dietrologo Grillo
era basato, oltre che su una dietrologia spinta, su un ardito assunto
concettuale: se Enrico Letta è nell’ambasciata inglese, sta facendo una
cosa losca e ignobile; se Beppe Grillo è, nello stesso momento, al piano
di sotto della medesima ambasciata, sta facendo una cosa buona e
giusta, per di più vigilando sulle cose losche e ignobili che si
compiono al piano di sopra. Signori, la «Dietrologia da ambasciata»
disegna la nuova frontiera della dietrologia nazionale (con annesse
delocalizzazioni d’Oltremanica): quella in cui il dietrologo partecipa
attivamente alle situazioni che determinano le indicibili, torbide
oscure manovre, ma lo fa senza macchia e senza colpe, anzi già che c’è
lo fa a fini virtuosi. Per smascherare tali manovre. Per denunciarle. Lo
ripeto: egli, il dietrologo partecipante, ci dice cosa è Bene e cosa è
Male, dell’inquietante scenario da lui medesimo frequentato, sulla base
di una rigorosa visione valoriale, così ben evidenziata da questo
specifico episodio: se Beppe Grillo incontra l’ambasciatore inglese,
lui, Beppe, fa il Bene; se nello stesso luogo e nello stesso giorno lo
incontra Enrico Letta, lui, Enrico, fa il Male. Così parlò l’indignato
dietrologo patentato Grillo. Prendiamo nota, noi che, di solito, non
frequentiamo le ambasciate. Enzo Costa
l'Unità 09/04/14
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