Funziona così: un talk-show di tendenza, un’agenzia maliziosa, un quotidiano distratto e/o Il Fatto Quotidiano, sparano: “Il Pd consente al Pdl di fermare il Parlamento contro la Cassazione”; “Disegno di legge del Pd che aiuta Berlusconi sull’ineleggibilità”; “Fassina giustifica gli evasori”. Se i termini non sono questi, il succo sì: un Pd al servizio di Papi, o da Lui contagiato. Segue sarcastico post di Grillo. A quel punto, non c’è precisazione che tenga: il fattoide viaggia in rete divenendo Verità, pure per avviliti militanti democratici. Vano spiegare che sospendere per poche ore l’attività parlamentare su richiesta di un partito che intende riunirsi è un’antica prassi; che una legge sul conflitto di interessi è ciò che si imputava al Pd di non aver fatto; che le parole di Fassina, da lui già scritte anni fa, avevano un altro senso. È il web, bellezza: non c’è spazio per sfumature, dubbi, neppure per una critica che non escluda la buonafede del criticato: tutto è inciucio. Non c’è spazio per l’idea che la politica, la democrazia, persino le orride larghe intese (che limitano e sporcano), sono una cosa più complessa di un anatema da “mi piace”. Sia chiaro: il Pd, fra gaffes, cedimenti alla destra e faide interne, ci mette del suo. Ma la cerimonia rituale delle sentenze sommarie on-line è a prescindere. Per esempio: non si era sentenziato che le larghe intese erano nate all‘ombra di un patto osceno con cui il Pd, con la supervisione di Napolitano, garantiva l’impunità a Silvio? Non è andata così, ma i fustigatori digitali, invece di riconoscere di avere sbagliato, hanno subito riformulato le accuse al Pd. Se denunciare errori e orrori è sano e giusto, farlo manipolando un po’ meno i fatti e articolando un po’ di più il ragionamento gioverebbe alla causa. Per me, libertà è argomentazione. Enzo Costa
l'Unità 12/08/13
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